Social network e libertà di espressione (di Alessandro Graziani)

 

Social network e libertà di espressione (di Alessandro Graziani) – 

Seppure in Italia il fenomeno sia ancora poco avvertito, la popolazione statunitense ha già avuto modo di confrontarsi circa il fenomeno dei ruoli, dei diritti, degli algoritmi e delle persone così come gestito dalle grandi piattaforme dei social network.

La questione è esplosa per effetto della recente censura di Donald Trump da parte delle più grandi piattaforme mediatiche.

Gli ultimi giorni dell’amministrazione Trump saranno ricordati per molte cose ma anche, per chi segue le tendenze della tecnologia e della libertà di espressione, per la rimozione degli account da parte di Twitter, Facebook, YouTube e Instagram.

Nei sei mesi successivi all’evento, gli atteggiamenti del popolo statunitense è mutato in ordine al fatto che gli oscuramenti fossero la cosa giusta da fare, alla luce del diritto individuale alla libertà di espressione.

Subito dopo il divieto, per esempio, il Pew Research Center ha scoperto che oltre il 60% degli statunitensi era d’accordo sul fatto che le aziende dei media avevano fatto la cosa giusta. Invece, già a maggio successivo, il pubblico statunitense risultava invece diviso al 50%, con grande aderenza alle linee politiche espresse dei singoli partiti.

Tuttavia, il dibattito su quando e come le aziende dovrebbero eliminare i contenuti è appena iniziato.

Il suo esito potrebbe determinare il modo in cui i dati del mondo sono curati e chi ha voce in capitolo nei dibattiti politici e sociali – che è il motivo per cui tutti gli occhi dovrebbero rimanere nel fallout dei casi Trump. Negli Stati Uniti, la libertà di parola è sancita dal primo emendamento della Costituzione.

In effetti, la libertà di parola non è ancora esplicitamente sancita nella governance di internet.

Al contrario, man mano che le piattaforme tecnologiche sono diventate più grandi, i governi hanno fatto pressione su queste aziende per moderare ciò che gli utenti vedono e leggono, delegando così  ad aziende private parte della responsabilità di sostenere i valori della società.

Se i governi continuano a devolvere la responsabilità di sostenere i valori sociali e i diritti legali alle aziende private, è probabile che più decisioni su tali questioni saranno prese da macchine piuttosto che da esseri umani.

Il primo ministro polacco ha detto che un tale sistema rischia di ricreare il passato comunista del Paese in quanto la censura della libertà di parola, che è il dominio dei regimi totalitari e autoritari, sta ora tornando sotto forma di un nuovo meccanismo commerciale per combattere coloro che pensano diversamente. Il paese sta progettando una legge che impedirebbe un’azione simile da parte delle aziende dei media in Polonia in futuro (Paese in cui si sta combattendo una vera battaglia per la Giustizia e la Libertà, nella quale sono in prima fila Magistrati ed Avvocati).

I critici sostengono che c’è un conflitto di interessi intrinseco nel dare la responsabilità sociale alle aziende tecnologiche di proprietà privata a causa del modo in cui operano i contenuti sui social media.

La “curatela algoritmica” generalmente favorisce i post che sono più controversi.

Non per nulla, lo stile politico spesso abrasivo di Trump era molto adatto a questo tipo di comunicazione, con singoli post che diventavano virali sia tra i seguaci che tra i detrattori.

Paradossalmente, sia detto per inciso, tutto ciò generava interessi e profitti delle piattaforme social, nella più totale assenza di norme regolatrici specifiche per regolare il fenomeno.

Che fare, dunque?

Sicuramente, ripristinare un controllo tramite l’intervento umano.

Non può sfuggire la considerazione del fatto che debbano essere valorizzati e tradotti in legge i “Princìpi di Santa Clara”, stabiliti da accademici e attivisti della società civile nel 2018 per fissare i criteri di trasparenza e responsabilità nella moderazione dei contenuti, che debbono guidare le regole di rimozione delle aziende di social media. Questi Princìpi sanciscono che le aziende debbono fornire il numero di account sospesi in un determinato periodo, fornendo agli utenti le ragioni poste a base della propria iniziativa e avere un meccanismo di revisione gestito da esseri umani (quale è il  Facebook’s Independent Moderation Board).

Nel migliore dei casi, questo significa che gli interventi di oscuramento sui temi che coinvolgono questioni come la libertà di parola debbono essere moderati da esseri umani dopo che gli algoritmi hanno fatto il loro lavoro iniziale.

Facebook, per esempio, ha un organismo indipendente per valutare la validità di tali decisioni.

Quel Facebook’s Independent Moderation Board ha recentemente affermato che l’azienda ha fatto bene ad agire alla luce dell’insurrezione al Campidoglio perché i commenti di Trump avrebbero potuto essere interpretati come un incitamento alla violenza.

Tuttavia, il medesimo organismo ha anche chiesto che il caso sia riconsiderato prima del Natale 2021, affermando che Facebook stesse cercando di “evitare le sue responsabilità“, dando a Trump “la pena indeterminata e senza standard della sospensione a tempo indeterminato“, piuttosto che prendere una decisione permanente se reintegrarlo, sospenderlo per un periodo finito o escluderlo definitivamente.

Lo spostamento verso una moderazione macchina-uomo di internet potrebbe essere uno sviluppo benvenuto. Ciò richiederà ancor più alle aziende private di sostenere valori, come quelli sanciti -negli Stati Uniti- dal Primo Emendamento.

Si consideri che, durante la pandemia del Covid-19, la moderazione dei contenuti controversi è diventata sia più importante (per esempio, per combattere le fake news sul virus e sui vaccini), sia più difficile.

Coloro che sostengono e mettono in discussione il modo in cui gli algoritmi hanno preso le loro decisioni hanno trovato sempre più difficile entrare nei loro posti di lavoro e fare il loro lavoro.

Di contro, la maggior parte delle piattaforme hanno aumentato la quantità di algoritmi di oscuramento automatici sui loro siti.

Twitter e Facebook hanno entrambi detto che la sospensione degli account durante questo periodo sarà sia temporanea che aperta al ricorso. Tuttavia, è ben noto che, una volta che la tecnologia è stata introdotta, raramente viene ritirata.

Mentre la maggior parte delle persone accetterebbe l’idea che sia impossibile, per tutti i contenuti che viaggiano sulle piattaforme di social media, che la moderazione sia effettuata da esseri umani, le questioni difficili – libertà di parola inclusa – dipendono dalla valutazione di moltissime informazioni contestuali che gli algoritmi disponibili non sono ancora in grado di decifrare.

Se i governi continuano a devolvere la responsabilità di sostenere i valori sociali e i diritti legali alle aziende private, è probabile che più decisioni su tali questioni saranno prese da macchine piuttosto che da esseri umani. Un caso di alto profilo come quello di Donald Trump sarà allora semplicemente eccezionale perché qualcuno di reale ha avuto voce in capitolo nel suo risultato e non perché ha toccato la questione dei diritti umani fondamentali.

Nel breve futuro, dunque, bisognerà misurarsi con i temi che queste considerazioni suggeriscono ed intervenire.

A questo sono chiamati i Politici ma anche i Giuristi e gli Avvocati.

Per questo, esprimo il doveroso ringraziamento ad Arthur Piper (hello@arthurpiper.co.uk)  giornalista freelance e autore di fondo, con un suo editoriale, delle considerazioni che io ho trascritto e riportato.

Alessandro Graziani

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